Spigolature

Viaggiare a piede libero
Barefoot, filosofi senza scarpe

barefimagesNLPYAKSN A piede libero. Con l’eccitante ebbrezza di non avere lacci e lacciuoli, con il corpo che scopre un altro piacere sottile, un <tatto> rimasto per troppo tempo prigioniero. E’ la nuova seduzione della vacanza ma anche della conquista. Oggi il piede è esibito, perché riesca a sentire davvero cosa c’è sotto la pianta, ma anche perché possa diventare strumento di richiamo sessuale, come lo era ai tempi in cui la Cina lo eleggeva a straordinario oggetto erotico.

Si viaggia e ci si diverte con i piedi per terra. Senza mediazioni, che siano suole o tacchetti, sottili strisce di plastica o di cuoio. Tenere i piedi nudi nel parco, sulla sabbia, lungo tutti i sentieri della vita. Non è una rivisitazione della filosofia ormai antica di Sandie Show, ma un piacere moderno che spopola dove si rincorre una vacanza naturale. Che faccia bene al fisico e alla mente. Gli appassionati di terminologie anglosassoni lo chiamano <barefoot>, che vuol dire, appunto, senza scarpe. E i pediatri americani sono felici di assecondare questo desiderio: <E’ la rivolta saggia dei genitori – dicono – contro una società ossessionata dal culto delle scarpe>.

bareimagesC’è un profeta, naturalmente, dietro questa nuova moda. Si chiama Richard K. Franzine ed è l’autore di <The barefoot hikered>, ossia <Escursionista a piedi nudi>. Una specie di vademecum del bravo viaggiatore scalzo al quale Franzine svela come muovere i primi passi, come prendere confidenza con l’erba del giardino, con la terra. In Italia è nato un club la cui parola d’ordine è <siamo nati scalzi e scalzi vogliamo rimanere>, con sito di riferimento dall’inequivocabile indirizzo: www.nati-scalzi.org.

Ma la moda salta di continente in continente. Anche per evitare oltraggi alla natura e al buon gusto. Succede, e accadrà ancora, che negli atolli più sperduti del Pacifico o dell’Indiano, le signore sfidino la sabbia col tacco a spillo: facendo affondare, insieme a loro stesse, anche ogni minima pretesa di eleganza. E’ accaduto, succederà ancora, che negli esclusivi resort delle Fiji dove per cena si prescrive lo smoking bianco, qualche gentleman sfoggi ai piedi calzature assolutamente inadatte al bagnasciuga. E ugualmente, non c’è modo di togliere i paramilitari a testardi adolescenti, convinti di dover marciare anche dove arriva la risacca.

La libertà della testa comincia da quella dei piedi. Lo sanno bene, e da tempo, in Oriente, dove nei templi, ma anche in casa, si cammina senza scarpe: per rispetto del luogo sacro e per non portare la sporcizia all’interno. Ed è proprio in Oriente che ha cominciato a trovare seguaci la vacanza <barefoot>. La praticano con piacere i turisti dell’Indocina, dove molti alberghi sono trasformati in veri templi dell’ospitalità. Vietnam, Cambogia e Laos sono paesi dove le scarpe non sono mai state un elemento indispensabile dell’abbigliamento: anche perché non servivano a proteggere dalla giungla di mine antiuomo. E ora che da quelle parti non si salta più in aria, questa antica abitudine è stata trasformata, con grande abilità di marketing, in contagiosa attrazione per turisti. L’incoraggiamento è diventato un imperioso suggerimento, quasi un obbligo, in alcune destinazioni di una catena alberghiera di proprietà di un indiano cresciuto a Londra, che nei suoi resort predica di seguire due semplici comandamenti: <No news, no shoes>. Niente notizie, niente scarpe.

barefoomagesOPX8E376E’ la scelta dell’abbandono, del tornare primitivi, del sentirsi naufraghi in ambienti che sono sempre la somma di due caratteristiche: estrema ricercatezza ed assoluta semplicità. Esattamente come un piede nudo: una macchina perfetta, che non ha bisogno di altro per funzionare alla meraviglia.

E allora la filosofia trova velocemente nuovi seguaci. Si estende dai continenti alle isole e di isola in isola. Maldive, Seychelles, Caraibi, Polinesia. Per terre e per mari, in un giro del mondo che vuole riconquistare non tanto l’essenzialità dei piaceri, quanto il modo semplice di proporre la raffinatezza. Senza quelle che si potrebbero chiamare <inutili sovrastrutture>. Niente argenti o tovaglie in riva al mare. Tutto più intimo con una gastronomia di eccellenza servita su un tavolo di legno apparecchiato con tovagliette americane. Sui menù, a qualunque latitudine e con ogni temperatura, non mancano vini straordinari, anche italiani, proposti, con grande naturalezza, a prezzi eccellenti: una bottiglia di Sassicaia viene servita anche a 800 dollari.

Più modestamente, le estati di casa nostra invitano al <dancing barefoot>, il ballare sulla spiaggia, anziché sulla pista delle discoteca. Anche qui, un ritorno all’immediatezza dei sensi: il profumo del mare, il solletico dei granelli di sabbia, un’idea di libertà che sembra a portata di mano. E invece, guarda un po’, è proprio sotto i piedi.

 

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