<Mi chiamo Yen, ho 20 anni e faccio la massaggiatrice in un hotel di lusso. Certo, dovessi vivere di questo, non avrei molto di che stare allegra. Sai quanto guadagno? Un massaggio di un’ora in albergo costa fra i 12 e i 15 dollari, a me va la metà, 6 o 7 dollari. Ed è difficile che, normalmente, abbia più di uno o due clienti al giorno. A volte, si resta giornate intere senza fare niente. E non si vede un dollaro. Sono venuta in città, in una qualunque delle città vietnamite, lavoro ad Hanoi, Saigon, Danang, Huè, per cercare di vivere meglio di quanto non riuscissero ad offrirmi i miei genitori. Persone splendide, ma con una vita scandita dai sacrifici: il loro lusso, che oggi è la loro soddisfazione, è avere la televisione, rigorosamente senza parabola, e il frigorifero. Sono nata in un villaggio, i miei potrebbero essere pescatori o contadini, non cambierebbe niente. Oggi che posso, li aiuto io. Loro sono contenti, ma fino a un certo punto. Perché non sanno da dove arrivano quei soldi, anche se non ci vuole tanto a immaginarlo. Non li hanno mai rifiutati, ma ogni volta che li spedisco immagino la faccia di mia madre. Però io continuo a mandarglieli, e loro a tenerli e quando ci vediamo, quando vado a trovarli, nessuno mi chiede niente. Almeno, fino ad ora non è mai successo. Ipocrisia? Forse. Ma così va bene a tutti. Siamo in guerra, io e la mia famiglia, contro una vita che non ci piace, contro quello che vorremmo e non riusciamo ad avere, contro tutto quello che ci sfiora e non entra nelle nostre case. Contro quello che vediamo addosso ai turisti stranieri e che noi non riusciremo ad accumulare in una vita intera.
UN ANELLO E DUE ANNI DI LAVORO Cosa mi deve venire in mente quando una signora viene nel centro benessere dell’albergo e mentre si spoglia si sfila un anello, una collana, un orologio? Etti, chili d’oro. Cosa devo pensare quando vedo un completo di biancheria intima che costa quanto mio padre guadagna in due anni di lavoro? Che la vostra civiltà è cominciata prima? Che il capitale migliora la vita? Mi viene una rabbia, una carica di violenza e comincio a massaggiare come una forsennata, spingo come un treno. L’ho fatto per mesi, chiedendo pure gentilmente alle signore “Are you ok?” e loro che sorridevano e dicevano “yes, wonderful” e qualcuna smaniava pure, alzava il sedere quando era a pancia sotto, incoraggiandomi a massaggiarla dove le mani non arrivavano, oppure voleva più crema sulle tette e i capezzoli diventavano duri. Grandi sorrisi e piccole mance: un dollaro, due. Poi sono arrivati gli uomini, e la musica è un po’ cambiata. Gli uomini sono bestie, chiedono subito alla reception se si può fare il massaggio in camera. E la reception risponde “no, ci dispiace, la legge non lo permette”. E quelli si smontano e pensano che quelle luride voglie che hanno, qui non possono trovare sfogo. E invece si sbagliano.
NIENTE OLIO E’ stata un’amica, qualche mese dopo i miei inizi, a spiegarmi come funziona. Ero ancora ingenua, anche se qualche cosina avevo pure cominciato a farla, mica sono proprio scema. Però non credevo che ci si potesse organizzare così bene. Non è stato facile. Ma, in fondo, nemmeno troppo difficile. E’ una questione di sensibilità. Lo vedi subito quando un uomo chiede un massaggio per avere altro. Noi forniamo una mutandina da indossare: quelli che cercano un po’ di sesso non se la mettono, arrivano sul lettino e ti sbandierano quello che hanno. Mi diverto come una matta a sistemargli sopra un paio di asciugamani pesanti, piegati in due, per mortificare ogni loro visibile velleità. E procedo come una schiacciasassi, strizzo i muscoli, spingo. In Vietnam i massaggi si fanno senza olio, è più una pressione che un correre su e giù con le mani scivolose. Ottimi massaggi, che fanno bene, ma non sono del tutto rilassanti. Ma a un certo punto, se voglio qualche dollaro in più, devo far capire la mia disponibilità. E allora li solletico, lascio che la mano, un dito, si infili dove non dovrebbe, sfiori appena ciò che dovrebbe ignorare. Sempre quando loro sono a pancia in giù. Allora si agitano, accelerano il respiro, muovono il sedere, allargano le gambe: come i bambini che vogliono il gelato da una mamma che lo nega, ma di cui sanno come conquistare il consenso. E questa è la seconda parte. Un po’ più complicata, perché in Vietnam le sale massaggi degli alberghi hanno porte con un grande rettangolo di vetro che consente di vedere quello che succede dentro.
SE NESSUNO TI SCEGLIE, TI CACCIANO VIA Sono state fatte apposta, tutte così, per evitare che le ragazze cedano alle richieste o siano loro stesse a fare proposte. Massaggio sì, sesso no. E’ la regola severa che tutte dovremmo rispettare. Ma che nessuna rispetta più. In alcuni centri massaggi, anche negli alberghi, accanto alla reception c’è una bacheca nella quale sono esposte le foto delle ragazze. E si può scegliere: <Voglio la 12, la 15, la 26>. Sai che significa? Che se nessuno ti sceglie per 15 giorni, ti cacciano via. E questo non dipende da quanto sei brava a massaggiare, o magari da come sai fare altre cose, ma da quanto sei carina, da come la tua foto ti rende desiderabile, appetibile, o semplicemente simpatica. Ci sono stata anch’io su una bacheca come quella. Funzionava da matti, per me, perchè sono bella, di viso e di corpo. Ho gli occhi a mandorla che tirano un po’ all’insu’, come un cerbiatto, gli zigomi alti come piacciono agli americani e agli europei, un gran seno per essere vietnamita, porto la terza, gambe lunghe, vita stretta, bel sedere, alto e piccolo.Non lo dico io, lo dicono gli uomini. Era un trionfo, quella foto nella bacheca. Chiedevano tutti di me, la numero 35. Facevo un sacco di soldi, tantissimi extra. Anche quando ero occupata, i clienti preferivano aspettare che avessi terminato piuttosto che scegliere un’altra. Tutti cercavano Yen, sempre e solo Yen, la 35. E sai come è finita? Che mi hanno cacciata via, perché le altre ragazze hanno protestato, non volevano essere le ancelle della regina. Così sono andata dall’altra parte del paese e ho ricominciato. Stavolta con un po’ di cattiveria in più. E senza scrupoli. Lavoro sempre in un grande albergo e faccio sempre la massaggiatrice. Ufficialmente. Ma in pratica uso l’albergo per reclutare clienti. Funziona così.
SE LI FAI GODERE, TORNANO Gli uomini arrivano per fare il massaggio. Con l’esperienza capisco subito di chi si tratta e non sto lì a faticare inutilmente: per un paio di minuti faccio finta, poi una mano scivola fra le chiappe e scende lentamente. Si emozionano tutti, li faccio girare e li servo. Ma con calma, per farli scoppiare di desiderio. E per svuotargli il portafogli. Sono stupidi, gli uomini. Se ci sai fare – e io ormai ci so fare – riesci a portarli a un punto di eccitazione tale che pagherebbero qualunque somma pur di farsi accarezzare. Arrivano a darmi 20, anche 30 dollari per una pippa. Non è che per loro sia molto, ma se io ne metto insieme anche due o tre al giorno possono diventare millecinquecento-duemila dollari al mese di sole mance. Una piccola fortuna, in Vietnam. E quando li fai godere come si deve, si sparge la voce, un uomo ne manda sempre un altro e il giro dei clienti aumenta. Quando a qualcuno domando “perché hai chiesto di me?” mi rispondono che gliel’ha detto un amico o un collega, passato magari qualche mese prima. Qualche volta capita che la direzione dell’albergo si accorga di quello che sta succedendo, ma i vietnamiti sono furbi, capiscono che una ragazza come me nel salone massaggi è una risorsa in più. Allora sai cosa fanno? Ti chiamano e ti dicono. “Dovremmo cacciarti via, ma siccome hai molti clienti che sono importanti anche per l’hotel facciamo finta di non sapere niente e ti lasciamo continuare. Però non ti paghiamo più. I soldi dei massaggi sono tutti per noi, tu tieni soltanto le mance. Abbiamo visto quanto ti lasciano dagli addebiti delle stanze”. Bastardi, in alcuni alberghi si può anche caricare il massaggio e la relativa mancia sul conto finale, e questo è un modo che il management usa per capire cosa succede. Bastardi. Ma a me sta bene così, perché il vero denaro lo guadagno in altro modo.
<FARAI DI ME QUELLO CHE VUOI> Non c’è uomo che non ti chieda di andarlo a trovare in camera. Ovvio che sono disponibile, ma non nell’albergo dove lavoro: troppo rischioso, troppo complicato, mi conoscono tutti, capirebbero subito e allora sì che mi caccerebbero. Vado ovunque, ma non nelle camere dell’hotel dove faccio i massaggi. Basta dare agli uomini il numero del cellulare e poi è facile, chiamano loro. Basta sussurrargli <adoro scopare> che la loro immaginazione comincia a galoppare e vorrebbero portarti via in braccio, di corsa nella loro stanza. Basta dirgli sottovoce <farai di me quello che vuoi> che diventano paonazzi, gonfi di desiderio. E se poi gli lascio infilare la mano sotto la gonna, gliela faccio salire appena un po’, fino a sfiorarmi là sotto, la stringo come in una tenaglia, imprigionata fra le cosce e sorrido…, allora proprio non capiscono più niente. Bambini, anche un po’ stupidi. Così ti chiamano la sera stessa, c’è perfino chi per scoparmi ha cambiato hotel. Con i portieri d’albergo non c’è problema, basta dare qualche mancia e nessuno mi ferma. Salgo in camera e faccio il mio lavoro. Anche per una notte intera. Chiedo 500 dollari, dalle 8 alle 8 e garantisco di non dire mai di no. A nessuna richiesta. E sai cosa gli dico quando sono mezza nuda e ho già incassato? Gli dico “Puoi ancora salvarti. Perché se provi a fare l’amore con me non torni più a casa”. Molti ridono, qualcuno piange. Quasi tutti mi danno almeno 50 dollari di mancia. Se va avanti così, tra un anno smetto>.
I VIAGGI DI CORRADO RUGGERI
Gradiva le differenze: forse per questo viaggiò tanto - Jorge Luis Borges
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Yen, 20 anni, escort a Hanoi
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