Il Reportage

Cambogia, da una parte sola
Dalla parte dei bambini

cambogiaturismo-sessualeChe fai, quando un bambino ti si avvicina con le mani giunte sotto la pioggia e ripete: <Un dollaro, un dollaro>? Un dollaro è una piccola fortuna in Cambogia, vale come una giornata di lavoro di un insegnante. Che fai? Provi a resistere al suo sguardo che ti rovescia l’anima come una centrifuga, abbassi gli occhi e vedi i piedi nudi, le gambe ferite? Pensi che questa è una piccola industria, dove ognuno ha il suo ruolo e a questo disgraziato di ragazzino tocca la prima linea, poi dividerà il ricavato insieme ad altri?

Che fai quando una bambina ti si avvicina e non ti tocca, ma ti sfiora, con la leggerezza di una farfalla? E poi nemmeno parla, ma aspetta che ti giri e porta quelle piccole dita, sottili come bacchette, sulla pancia che aspetta di essere riempita. Che fai, ti sforzi di sorridere, fai segno di no con la testa, sfidi la tua vergogna che ti fa sentire un verme?

E poi a cosa pensi quando non porti la mano da nessuna parte, né sul cuore e neppure in tasca? Pensi che quel ragazzino potrebbe finire preda di qualche pedofilo di casa nostra o di qualunque altra parte, pensi che la piccoletta potrebbe essere tua figlia e magari diventare la sconosciuta protagonista di qualche film dell’orrore sessuale, uno di quelli che sequestrano sempre più spesso da queste parti, filmini <amatoriali>, fatti in casa, da persone immonde.

cambovicolo_accessori_motoriniChe fai? Pensi che sia giusto dar retta agli avvertimenti di una delle 40 o anche 50 Ong, le organizzazioni non governamentali, che in Cambogia compongono un esercito volenteroso di chi affronta molti problemi ma riesce a risolverne soltanto un po’?

<Pensa prima di dare denaro a un bambino che chiede l’elemosina> dicono loro. E spiegano che <molti ragazzini, maschi e femmine, sono costretti ad abbandonare la scuola per mendicare. Non dare loro denaro significa ridurre la possibilità che questo accada>. Un invito deciso a sposare la linea comune delle ong, di ogni tipo e di ogni nazione. Forse hanno ragione. Ma come si fa a non mettersi la mano in tasca?

Mi è successo al mercato russo, uno dei mercati più grandi della città, dove si trova di tutto, perfino le magliette che Gap, Nike, Abercrombie fanno fare in Cambogia o nelle vicinanze: qualcosa esce dalle fabbriche e finisce sulle bancarelle, fornita pure di etichetta originale e prezzo in dollari. Quello che a New York costerebbe 50 biglietti verdi, qui si porta via con un dollaro e mezzo. E, almeno alcuni, non sono imitazioni ma pezzi originali, forse con qualche minimo difetto. Guardavo queste magliette e mi sono sentito sfiorare un braccio: non toccare, sfiorare, con una delicatezza che nel linguaggio muto equivarrebbe a un educatissimo <mi scusi, disturbo?>. Era lei, uno sgorbietto di cinque, forse sei anni, calzoncini, maglietta, capelli legati, piedi nudi. Un viso che non annuncia malattie, un corpo che non pare denutrito.

Smoky Mountain Rubbish Dump, Phnom PenhMa che fai, se ti fa segno che ha fame, con quelle mani minuscole che vanno dalla pancia alla bocca e tornano indietro? Vuote. Te le spiana davanti, in attesa che sopra compaia qualcosa, andrebbe bene anche qualche centesimo. Sa fare il suo lavoro, è allenata, sarà anche stata bene istruita. Ed è quello che penso quando provo a resistere. Cambio bancarella, ma lei mi viene dietro, silenziosa, composta. Mi sfiora ancora. E io ancora resisto e provo a diventare più severo, le dico <No>, con gentilezza ma fermamente. E faccio perfino un sorriso, quasi a voler rendere dolce quel diniego, quel dollaro negato: niente per noi, per lei almeno un chilo di riso. Ora se ne è andata, scomparsa, senza farsi sentire, così come era venuta. Ed è un sollievo. Breve.

Perché ricompare, come una sorpresa spiacevole non più temuta, fra le magliette e i jeans di altre bancarelle. Lo stesso volto senza sorriso, gli stessi occhi tristi. E l’identico tormento che si impadronisce di me, del mio stomaco, che affanna il respiro e soffoca il cuore. Essere padre di una femmina non aiuta. Perché pensi a quello che questa bambina non ha mai avuto e oggi ha imparato a desiderare, magari perché proprio lì, al mercato, ha visto altre bimbe senza occhi a mandorla comprare decine di magliette mentre lei raccoglieva briciole per il pranzo e la cena. Pensi a un abbraccio, a una carezza, alla piccola gioia di un dono, alla mattina tutti insieme nel lettone. E guardi lei e in quello sguardo leggi il dolore di un’infanzia senza abbracci, né carezze, né doni, e anche senza un lettone. La sera dorme in strada, sulla stuoia stesa in terra, accanto alla madre, perché del papà non c’è più traccia.

CAMBOGIA_-_bambini_(526_x_346)Se la osservi per qualche minuto, ti viene da piangere. E succede la cosa più normale del mondo, e cioè che alla fine cedi. Come faresti a una tentazione che libera ed esaudisce il tuo desiderio, vivi quella soddisfazione come un peccato ma poi ti assolvi, perché pensi che più che te stesso, hai fatto felice lei, questo essere minuscolo che implora un’elemosina, la carità, virtù maledettamente cristiana perché sai che qui diventa un peccato contro il domani di questi ragazzini. Ma non resisti, e cedi a quel che ti sembra un bene, anche se sai che non lo è. <Vaffanculo>, penso. E le sorrido come una specie di padre affettuoso, mentre le allungo un biglietto verde da 10 dollari.

La piccola senza nome mi guarda senza far niente: non allunga una mano, non strappa quella piccola fortuna che tengo fra le dita. Semplicemente, resta immobile e incredula. Nemmeno un orrore sessuale fa incassare così tanto. E forse è proprio questo quel che lei sta pensando, forse ha paura che io possa chiederle qualcosa, possa pretendere dei gesti, forse ha già vissuto la violenza e questo scatena in me un’ansia ancora maggiore. Soffro, ora, davanti a questa ragazzina. Ma il tempo non si ferma e gli istanti non sono immobili. E la gente mi guarda e guarda quel biglietto da 10 dollari così grande fra quelle dita così piccole e forse in tanti pensano quel che io temo. Mi allontano, più per paura, adesso, che per prudenza, con quegli sguardi addosso che fanno male come pugni. E penso che non è giusto esser trattati così, sia pure col solo pensiero, e mi monta la rabbia che mi riporta a casa, alle nostre categorie mentali, a quei pensieri sconci che nelle traversie dell’Occidente finiscono sempre nello stesso modo egoista: <Vai a far del bene, ecco che succede>.

Cambogia_AnchioConsiderato in mezzo alla strada di Phnom Penh come un mostro, come uno di quelli che qui vengono apposta a comprare la compagnia di bambini e bambine. E forse è solo la stazza, i soliti 100 e passa chili, un fisico appesantito ma sempre da ex nuotatore, a tenere lontani quelli che magari avrebbero pure pensato, e anche desiderato, aggredirmi.

Me ne vado ma non scappo. Esco dalla parte coperta del mercato e cammino, fatico per dribblare gli autisti di taxi e tuk tuk che non hanno viso né capito o forse solo fingono di non aver visto né capito, perché per loro sono soltanto un potenziale cliente: chiunque poi sia in realtà, uno stupratore o una persona per bene, quando chiedo di accompagnarmi da qualche parte sono soltanto un portatore sano di denaro. Attraverso la strada e a un’altra bancarella compro una bottiglietta d’acqua minerale gelata. La tracanno con rabbia, non smetto finché non è finita e per il freddo fanno male i denti. Poi mi giro. volontario-insegnamento-classe-cambogia.1200E c’è lei dall’altra parte della strada, esattamente di fronte a me. La guardo, e lei guarda me. Sono io, ora a restare immobile, ed è lei, ora, a muoversi. Fa un passo avanti, per farmi capire bene che non è il caso ad averla fatta arrivare fin qui, congiunge le mani e le porta davanti al viso, in un gesto di ringraziamento.

Sento un calore salirmi dentro, e non sono i 35 gradi e l’umidità al 90 per cento. Sento il calore dell’affetto umano, la gioia di aver fatto un piccolo gesto e di essere stato compreso, di aver superato anche i fraintendimenti. Guardo la piccola e sorrido anch’io. Con moderazione, non si sa mai.

 

Tratto da <La mia Asia – Trent’anni di viaggi in Oriente>, Lt editore

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