I LUOGHI DELLA FEDE/BIRMANIA

La Shwedagon pagoda,
dove si esaudiscono i desideri

usfsddsrlBrilla come un faro della fede, fra scintille d’oro e riflessi di smeraldi. Abbaglia di dottrina e ricchezza la Shwedagon Pagoda di Yangoon, coperta da 8688 lastre di prezioso metallo giallo, ciascuna delle quali vale, all’incirca, un migliaio di euro. Non solo. La povera e martoriata Birmania lascia che qui risplendano, incastonati nella parte superiore dello stupa, 5448 diamanti e 2317 tra rubini, zaffiri e topazi. E ancora più in alto, al centro di questo straordinario universo di misticismo e magia, brilla un enorme smeraldo che riceve e riflette i primi e gli ultimi raggi del sole.

La Pagoda Shwedagon è la pace della preghiera in questa terra tormentata, popolata di uomini e donne semplici e nobili che compongono il paese più buddista del mondo ma anche uno di quelli peggio governati, vessato da una cricca di militari farabutti e crudeli che costringono un popolo mite a sopportare privazioni e dispotismo. La Shwedagon diventa così luogo di consolazione, rifugio dai tormenti del corpo e dell’anima.

img_0015L’aurora è silenzio e preghiera, è la lunga marcia di chi si arrampica per 104 gradini prima di arrivare alla spianata del tempio dove offrirà fede e troverà conforto. Profuma d’incenso, l’alba della Shwedagon, con una luce leggera che non illumina ma accarezza i colori: l’oro non brilla ancora, il bianco dei templi è ombrato di grigio, l’azzurro del cielo è velato dalle nubi che si alzeranno solo tra un paio d’ore. Non c’è clamore, ma il mormorio sommesso e lieve di una piccola folla che chiede grazie e protezione e parla con Buddha con la stessa compostezza, rassegnata e un po’ triste, di chi si ritrova nelle nostre chiese all’ora dei vespri per recitare il rosario.

I fedeli più pii o più disperati si immolano al sacrificio del dolore fisico e sono capaci di restare immobili per ore, con le mani giunte davanti alla fronte e le labbra tremanti in un sussurro di invocazioni. Chi è travolto dai tormenti, affida il proprio futuro alla speranza e si rivolge a Buddha dall’angolo che la dottrina indica come “il luogo dove si esaudiscono i desideri”. Inginocchiati, seduti in terra, distesi, paralizzati su carrozzine a rotelle, in piedi su una gamba sola, possono decidere di passare una giornata intera senza mai cambiare posizione: ma i bisogni dello spirito non fanno dimenticare le necessità terrene e nel tempio portano riso e Coca cola, amatissima tentazione occidentale.

shwedagon-paya_100_0833Il vero tesoro della fede, la pietra dallo straordinario potere divinatorio, è in un padiglione quasi nascosto. E’ un sasso che interpreta la volontà celeste e santifica o maledice i desideri di questa vita. «Raccogli la tua mente, prega e solleva la pietra». Non c’è il sacrestano nei templi buddisti, ma c’è sempre qualcuno pronto ad aiutare i fedeli. Come questo vecchio che con gli amici gioca a carte davanti alla statua sacra: parlano inglese, memoria di una dominazione durata decenni, e spiegano cosa bisogna fare. «Inginocchiati e prega: e pensa a quel che vorresti veder realizzato». Afferrata all’alba, la pietra regala alle mani il fresco della notte. «Se ti parrà leggera, Buddha ti esaudirà. Se farai fatica, non verrai ascoltato». Peserà cinque chili: ma anche dopo averla sollevata fin oltre la testa, quasi nessuno ammetterà lo sforzo. Perchè il desiderio di sapersi esauditi fa moltiplicare le energie e anche correggere il risultato, con convenienti interpretazioni personali.

A woman prays at the Shwedagon Paya in YangonC’è sempre misericordia per tutti nella Shwedagon, palestra spirituale per rinnovare la forza della fede e della preghiera e anche per rinsaldare la tradizione. Si invocano dei e spiriti, si implorano perfino le divinità che governano i giorni della settimana, materializzate in piccole statue che vengono lavate, accarezzate, cosparse di unguenti, perfino baciate come fossero persone vive e ad ogni contatto perdono colore e spessore, pezzi di legno e schegge di ceramica. Qui si può rendere omaggio al proprio giorno di nascita, sulla cui simbolica statuetta si versa acqua dopo aver acceso, nel piccolo altare, qualche bastoncino di incenso. Quella sottile scia di fumo congiunge la terra agli dei e salendo accarezza lo smeraldo, che domina rubini e diamanti, lì dove finiscono le lastre d’oro. Più in basso restano gli uomini, a combattere con le loro speranze e la loro fede contro le miserie e gli affanni. Anche per questo c’è la Shwedagon, per dar pace ai tormenti.

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