Fughe

Il ritorno di Beirut

Uno dei tratti più vivaci della Corniche, subito dopo gli Scogli del Piccione

Uno dei tratti più vivaci della Corniche, subito dopo gli Scogli del Piccione

Beirut regala la voglia di tornare. Perché è una città che emoziona, colpisce, affascina. Dopo tanti anni di sofferenza sta tornando ad essere lo splendore che era negli anni Sessanta. Vi racconto come e perché, con qualche consiglio sui luoghi da non perdere e alcune curiose esperienze. Buon viaggio.

LA CORNICHE, MEGLIO DEL MARE

Meglio non considerarlo, il mare di Beirut, non è invitante. Ma passeggiare sulla Corniche, quel lungomare infinito con un marciapiede largo quanto un’autostrada, è uno dei momenti più piacevoli del soggiorno in città. Questo è il luogo di tutti, di ricchi e poveri, cristiani e musulmani, vecchi e bambini, uomini e donne. Ognuno si esprime come vuole e come può. L’anziana moglie, schiantata dagli anni e dai chili di troppo, fuma la shisha, la pipa ad acqua portata da casa, distesa sul sedile reclinato dell’auto del marito, impegnato ad andare a spasso con le altre mogli più giovani. Baldi giovanottoni sfoggiano muscoli e abilità in tutte le discipline del mondo, dalla corsa, alla bici, allo slalom su skate fra i birilli: a torso nudo e addominali bene in vista. Ragazze corrono in chador, fermato appena sopra le scarpe da ginnastica con mollette da bucato, per evitare di inciampare, accanto ad amiche che saltellano con leggins aderentissimi: in calzoncini no, in verità, non ho visto nessuna. IMG_2865Ma se si guarda sulle banchine di roccia che dai beach club si allungano alla conquista del mare, i bikini delle signore appaiono per quel che sono, minuscoli ritagli di stoffa, e i corpi abbronzati sono a disposizione di chiunque abbia occhi buoni e sufficiente sfrontatezza per lasciarsi osservare mentre guarda. C’è perfino chi si mette a pescare proprio lì, da dove la visuale è migliore. Cammina cammina, si arriva agli scogli del Piccione, due faraglioni qualunque, che qui fanno effetto, perchè non c’è altro tesoro naturale da ammirare. Fino al tramonto, quando il sole precipita proprio lì, nello spazio fra i due scogli. Così, per caso.

 

 

Uno scorcio di Dontown visto da place d'Etoile, con la moschea di Mohammed sullo sfondo

Uno scorcio di Dontown visto da place d’Etoile, con la moschea di Mohammed sullo sfondo

RICOSTRUIRE IL FUTURO

Ogni grande operazione immobiliare ha il suo strascico di polemiche. Anche a Beirut, che è un enorme cantiere. Molto è stato ricostruito, e anche bene, c’è chi sostiene che il nuovo centro sia <senza un’anima>, ma intanto intorno a place d’Etoile c’è una piacevolissima isola pedonale, con il Parlamento e i viali che portano verso il mare.

La facciata del Le Gray, l'elegante albergo in piazza dei Martiri, destinazione ideale per chi viaggia per turismo o per affari

La facciata del Le Gray, l’elegante albergo in piazza dei Martiri, destinazione ideale per chi viaggia per turismo o per affari

E’ stata ricostruita non soltanto la città, ma anche la voglia e la speranza di futuro. Ed ora l’asse di Beirut si è spostato dalla Corniche a Downtown: anche i turisti, di affari o per piacere, preferiscono stare a piazza dei Martiri, nel cuore di Beirut, piuttosto che lungo la Corniche. Perché si è a un passo da tutto quello che la città è tornata ad offrire: shopping, locali, mondanità, palazzi del potere e sedi di banche. Oltre che i luoghi della fede: la moschea di Mohammad Al-Amin e la cattedrale maronita di San Giorgio sono a due passi da Le Gray, l’albergo dove prima di arrivare a Cannes ha alloggiato anche Salma Hayek, attrice, regista e produttrice messicana che adora Beirut. Le Gray, membro della Leading Hotels of the World, con il suo essere <così semplicemente chic – ha scritto il prestigioso quotidiano inglese The Independent – conferma che la capitale libanese si è riappropriata del suo antico spirito>. Fatto anche di piccoli piaceri, come la Cigar lounge, per veri intenditori.

 

MATRIMONIO PARADE

IMG_2959IMG_2946Qui la sposa non si fa attendere. Arriva puntuale, seduta sul portabagagli della macchina scoperta, quasi fosse il suo personale carro di Trionfo. E al volante, felicemente strombazzante, la migliore delle amiche, con le ancelle accanto. Sembra tutto un affare femminile il matrimonio (cristiano) che va in scena a Beirut. Perché è una parata kitsch, dove si sceglie l’improponibile che altrove sarebbe bandito. E qui è apprezzatissimo. Appassionati di show off, dell’apparire più estremo, i libanesi non conoscono limiti: l’abito bianco della sposa ha spesso scollature vertiginose, più adatte a un palcoscenico che ad un altare, e anche la gonna è irrispettosa e impertinente, così mini, anche se celata, ma appena un po’, sotto un velo trasparente che rende l’insieme ancora più trasgressivo. IMG_2967Aggiungi anche il trucco, sapientemente malizioso. Sembrano nate per stregare queste donne che hanno sguardi assassini e accompagnano il taglio orientale degli occhi con le linee nere del kajal, in una fuga di prospettive ammiccanti che svaniscono verso l’esterno del viso. Se poi l’occhio è azzurro, come capita, le guardi e ti perdi. Tutto questo piace moltissimo a uomini felici di essere invidiati per le loro mogli. E non soltanto a loro.

 

A COLPI DI CAMPANE

La domenica si combatte a colpi di decibel una pacifica guerra di religione. Parte il muezzin la mattina presto, e questo accade tutti i giorni, ma dalle undici in poi si scatena la controffensiva cristiana. Potenti amplificatori sono stati piazzati sui campanili per portare lo scampanio ovunque. Ed è micidiale la violenza acustica di questa armonia che detona da San Giorgio, cattedrale maronita, e si allarga poi ad altre chiese e non ha rivali per alcuni minuti. Il centro di Beirut sembra San Pietro nella notte di Natale, mentre nelle vicine moschee tutto prosegue come se niente fosse. E niente è. Perché Dio, per chi ci crede, è sempre uno solo.

  

PROFUMO DI HUMMUS E SEGRETI DELL’AGLIOMeze-Lebanon

Ci vuole pazienza intorno alle tavole di Beirut. Per antipasto – lo fanno da Abdel Wahab el-Inglizi, considerato il miglior ristorante tradizionale della città – spesso portano tre ciotoline: pistacchi, noccioline e bruscolini. Ed è un macinar di mandibola e mozzichetti. Poi arrivano gli hummus, purè di ceci più o meno piccante, con paprica e olio d’oliva dove si sguazza con il pane arabo, le polpette di carne fritte, un mix di melanzane e yogurt, una delle rare cose che non mi piacciono, insieme ai dolci, troppo dolci. Squisite sono le verdure, servite in un arcobaleno di colori, gusti e sapori, chiamato fattush: un’insalata con anche pezzi di zucchina cruda, cetrioli, cipolle, ravanelli e crostini di pane, condita con olio e limone. Meglio del tabuleh, un’insalata ormai comune anche da noi, con bulgur, piccoli semi di grano duro, prezzemolo, semi di sesamo, limone, pomodorini e aglio. libano_mezzeh-sitoUn piccolo segreto per l’aglio: lo sminuzzano a pezzetti e lo fanno rosolare in padella senza olio, fino a farlo imbrunire. Sprigiona un profumo fantastico e viene usano come condimento per patate bollito o rosolate. E’ squisito e facilmente digeribile. E ancora, un uso sapiente e sempre prudente di spezie e della splendida menta, il riso con pollo o agnello, le carni macinate, kefta, kibbeh, le interiora. E comunque, a disposizione, McDonald’s, Big Burger, Kentucky Fried Chicken, Starbucks.

 

 

 

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