Americhe

Il sorriso amaro di Bahia

Salvador de Bahia è il Brasile africano, era il mercato dove si smistavano gli schiavi e oggi è il miracolo del Pelourinho, diventato il cuore di questa città, un quartiere risanato ma di nuovo in difficoltà. Dove convivono in allegria il bene e il male del Brasile.

 

I più vecchi ricordano i nonni che parlavano di libertà, quando da bambini li cullavano sulla scogliera e per gioco gli facevano vedere i segni che le catene avevano lasciato intorno ai polsi e alle caviglie. Anche i più giovani chiedono libertà: dalla fame, dal bisogno, dalla paura. Non ho mai saputo il nome di un ragazzino che alle undici di mattina dormiva ancora su un marciapiede del Pelourinho, il cuore del cuore di Bahia, il Brasile africano, l’anima nera del Sud America. Avrà avuto tredici annni, dormiva accartocciato su pochi centimetri quadrati, per non cadere sulla strada dove lente ma pericolose passano le macchine. Dormiva con indosso gli stracci con cui era andato in giro la sera prima, un calzoncino lacero e una maglietta che era una serie di buchi con un po’ di stoffa intorno. Si è svegliato per un attimo, poi non si è svegliato più. Perchè sulla testa gli è piombata una pietra e gli occhi si sono infossati 14 Bahianedentro il cranio e il marciapiedi è diventato rosso e la gente del Pelourinho è corsa ad aiutarlo e i tassisti che aspettano i turisti lo hanno caricato su un’auto e l’hanno portato in ospedale. Ma qualche ora dopo sono tornati per annunciare a tutti che il ragazzino era morto, probabilmente per una vendetta tra bande. E hanno lavato la strada con il sapone, perchè non si vedesse più niente e la sera hanno ricominciato a far festa, in uno dei quartieri più straordinari e crudeli che il mondo conosca.

INNO ALLA GIOIA Tutta questa zona, che oggi vuole essere un inno spensierato alla gioia di vivere, è una testimonianza di dolore e sofferenza. Ma proprio per questo, strada dopo strada, è un viaggio nell’anima dell’uomo, negli orrori della schiavitù e nelle vergogne dei tempi moderni. Perchè se è finita per sempre l’epoca in cui gli uomini erano considerati cose, oggi c’è ancora chi, costretto dal bisogno, accetta di proporsi come merce: e il risultato non cambia di molto. Ma i sentieri della storia hanno portato il riscatto anche qui, anche davanti a questa chiesa, al margine sud del Pelourinho, dove la gente di colore veniva a pregare quasi di nascosto: oggi, ad ogni orazione, si recita l’orgoglio nero della fratellanza, la vera gioia della solidarietà, del sentirsi figli di Dio. Portano il cibo ad ogni cerimonia e lo dividono, senza domandarsi chi sia arrivato carico di doni e chi a mani vuote. Ai loro antenati schiavi non era permesso entrare nelle chiese e allora gli uomini con la pelle come l’ebano ne costruirono una tutta per loro, la Nostra signora del Rosario, appena fuori dal Pelourinho, che era la zona nobile della città, un altro luogo dove per loro era vietato l’accesso. Il Brasile che balla il samba e gioca a pallone è stato l’ultimo paese del mondo ad abolire la schiavitù, nel 1888, e anche se la gogna del Pelourinho non è più al suo posto, il pellegrinaggio continua, lì dove gli schiavi erano frustati, proprio nel centro della piazza grande, che la fede e la speranza nel domani hanno fatto chiamare Terreiro de Jesus.

RIFUGI E SIESTA Ci sono pietre scure a segnare queste strade, simili ai sampietrini che lastricano i vicoli di Roma. Ma la leggenda della cattiveria umana racconta che proprio i sentieri che si arrampicano verso la gogna sono più neri degli altri perchè i sassi e la terra sono impregnati del sangue degli schiavi. Ora è davvero sbocciata un’altra vita in cima a questo colle, tra le facciate restaurate del più bel complesso di architettura coloniale del mondo, dove si scivola tra le tinte pastello come in una Burano d’oltreatlantico.capoeira_bahia Vicoli tagliati tra le mura si inseguono contorcendosi in mille curve e all’improvviso si aprono in cortili e piazze che erano il rifugio dalla calura e il tempio della siesta e oggi sono crocevia commerciale per boutique e studi di pittura, associazioni esoteriche e negozi di magliette e costumi, ristoranti e scuole di capoeira, quel balletto che è l’arte vera di Bahia ed è un intreccio di lotta e danza, un ricamo di movimenti che mimano il combattimento camuffandolo da esibizione musicale, perchè agli schiavi era vietato anche misurarsi con la forza dei muscoli e per non rinunciare del tutto alle tradizioni impararono la furbizia dell’imbroglio. Che prosegue anche oggi. Con piccole truffe che a volte sono anche ridicole, come quelle proposte dai negozi che si affacciano intorno alla rua Alfredo de Brito e usano finte Maes de Santos, le sacerdotesse del Candomblè, l’arte della magia bianca, per richiamare turisti e proporre acquisti. Giovani e belle, ancheggiano nei giganteschi costumi bianchi, la pelle nera tirata a lucido con una crema che sembra coppale, le labbra segnate di viola, i capelli imprigionati in turbanti sgargianti di mille colori. Sono semafori viventi accesi all’incrocio dello shopping, utili soltanto per incantare qualche gruppo di sprovveduti.

MAES DOS SANTOS Le vere Maes de Santos si affacciano nelle botteghe della magia, con la pelle rugosa e gli occhiali grandi come televisioni, il sigaro e le collane, uniche sacerdotesse degli Orixas, gli spiriti della natura, provenienti da terra, fuoco, aria e acqua, divinità guerriere protettrici di caccia, maternità e procreazione, re e regine originari dell’Africa, da dove tutto il popolo di Bahia arrivò prigioniero delle navi negriere. Olorum è l’ente supremo, creatore del mondo, Exù è il primo spirito, che è in contato con tutti gli altri Orixas, come Xango, dio della giustizia e del fulmine, colorato di rosso e bianco; Iemanjà, la dea del mare, che è di un verde-azzurro trasparente; Ogum, dio del ferro e della guerra, blu e verde; Omol, dio delle malattie e del vaiolo, di colore nero. Una bella comitiva, che aleggia su Bahia in affollata compagnia di altri spiriti: tutti insieme, mescolati alle presenze di altre religioni, si specchiano dall’alto nell’incanto di un ricamo di spiagge e scogliere che che in onore della fede cristiana sono state battezzate Baia de todos os Santos.

index”Se mi parli di Dio, ti dico che è nato a Bahia”. Rosy è il sogno non proibito per chiunque ami il genere femminile. E il Pelourinho è il suo regno, dove governa sorridendo uno stuolo infinito di cortigiani che vengono a renderle omaggio da tutti i continenti. Amministra incontri, smista ragazze e ragazzi, regala delizie a pagamento a chiunque abbia un buon portafoglio. E puntualmente, tutte le mattine si genuflette nelle cattedrali barocche del Terreiro de Jesus: hanno pensato che una chiesa non fosse sufficiente in questa piazza e ne hanno costruite tre, cariche di ori e decorazioni, e anche Rosy deve aver pensato che una sola preghiera non sarebbe bastata per conquistare il perdono e così non lascia passare una giornata senza sottoporsi a una personalissima via crucis tra le tre chiese del Terreiro: la Cattedrale, San Pedro e San Domenico. A trenta metri da dove il ragazzino è stato ammazzato con una sassata, a venti metri dai bar dove la sera regala sguardi e sorrisi, travestita da pantera nera in minigonna bianca.

LE TIMBALADE “Italiano?” Basta la parola, serve come garanzia. Perchè anche in questo siamo speciali e nella particolare classifica del turismo sessuale diretto in Brasile siamo piazzati benissimo, al secondo posto dopo i tedeschi. Non ci fa onore, ma grazie a questa invasione ormai ci riconoscono nei mille posti dove insieme al cibo e alla caipirinha si vende dell’altro. Il Pelourinho è affollato di domanda e di offerta, quando le chiese chiudono e scende la sera e sui marciapiedi spuntano sedie e tavolini e dal fondo dei sentieri, dal confine della città bassa, si sentono rumori che sono sussuri, un lamento che pian piano diventa armonia, finchè è un esercito di ragazzini a comparire in fondo alla via, in un frastuono che diventa assordante con tamburi che rullano e braccia di ragazzi che saettano e volti che sudano e bocche spalancate in un sorriso che sa di fatica e di felicità. Sono le timbalade, le scuole di quartiere, trascurate per decenni e poi riscoperte, e ora diventate un surrogato di famiglia, o una famiglia vera, per chi si ritrova da solo in mezzo alla strada e imparando a suonare uno strumento si sente parte di una comunità, la sua orchestra, e scopre la fierezza di sentirsi utile per un fine importante, far diventare la propria Timbalada la migliore della città.

spiaggia-salvador-bahiaJORGE AMADO E’ orgogliosa Bahia, del passato di antica capitale e del presente di città più bella del Brasile. Jorge Amado la adorava e ogni anno per qualche mese viveva qui, dove era nato: oggi opera ancora una fondazione che aiuta chi ha bisogno. Altri l’hanno scoperta di recente, proprio dopo la bonifica del Pelourinho, che per anni è stato un presepe di ruderi, di case sconnesse e crollate, di muri scrostati e pavimenti traballanti, dove trovava rifugio chi cercava disperatamente di sopravvivere. Era la zona delle gang, delle bande di ladri e prostitute, l’ultima stazione per tossicodipendenti e malati di Aids, era un terreno vietato per chi non fosse abituato ad impugnare coltelli o pistole. Poi, il miracolo. Con un programma ambizioso, si è deciso di provare il recupero. Gli abitanti sono stati convinti a lasciare le vecchie abitazioni, anche con interessanti argomenti a base di denaro, ed è partito il restauro, finanziato pure con un importante contributo di imprese giapponesi.

CASE GIALLE E AZZURRE E ora non ci si stanca mai a fare su e giù per le stradine, tra una casa gialla e una azzurra, divise da una fessura che diventa una via, tra facce stupite e preoccupate di turisti e qualche volto del vecchio Pelourinho che ancora sopravvive e non rinuncia ai vecchi amici che ritrova in qualche raro bar che ha resistito allo sfratto. Come accade proprio sul Terreiro de Jesus che riserva uno spicchio di piazza, davanti alla Cattedrale, al Pelourinho vecchia maniera, con gli ubriaconi e le prostitute anziane, riservate ai clienti locali, che bevono e schiamazzano in un bar che è ormai soltanto per loro.142668_Salvador da Bahia_NightlifeinSalvadordaBahia_11534 I turisti, difesi da un robusto cordone di poliziotti a piedi e a cavallo, preferiscono l’altra parte, dove risplende la Cantina de Lua, un bar ristorante che è l’incrocio di tutte le notti del Pelourinho, il palcoscenico della città, dove si decide il panorama di vite sprecate a rincorrere il denaro. Ed è sempre qui davanti che le bahiane vestite da Maes dos Santos portano i loro carrettini con il fornelletto per cuocere acarajè, gli hamburger di Bahia, preparati con una pastella di fagioli mescolata con gamberetti e cipolle. Una delizia. Alla quale Joao non rinuncia mai perchè sa che donna Maria gliene regala sempre uno e qualche volta due. E lui ringrazia e con le gambe che tremano per la malattia, la faccia ridotta a un teschio e l’animo devastato dal tormento di chi sa di dover morire, si sistema nella panchina sotto l’albero e mangia lentamente. E quando finisce, attraversa il Terreiro fino al vecchio bar, dove lo accolgono gli amici di un tempo, quando il Pelourinho era ridotto come lui, a un passo dalla fine. Bevono, tra ladri e puttane, e stanno in allegria, con l’eco della Timbalada che arriva da lontano, il clamore dei turisti che cercano compagnia, le auto superscortate di chi va a fare acquisti di gioielli per decine di milioni nella vetrina accanto. Un tempo il Terreiro era campo di gara per combattimenti di tori e spettacoli di capoeira, cavalcate e riti del candomblè, c’era odore di fogna e di gas. Oggi tra i vicoli che si impennano si sentono le scie dolciastre dei profumi di moda. E per qualcuno, nella meraviglia del Pelourinho, è già cominciata la stagione del rimpianto.

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