Una formidabile accoppiata. Toronto e Montreal sono gemelle diverse, fascinose metropoli canadesi, poco lontane geograficamente e molto vicine negli stili di vita, vivaci e curiose, entusiaste di cimentarsi nell’arte che le unisce e le vede eccellere: godersi la vita. Il gelo le accomuna, ma minimizzano. Convinte che gli abituali 10 gradi sottozero tra dicembre e marzo non siano una temperatura insopportabile. In realtà, Toronto è alla stessa latitudine di Firenze, Montreal sullo stesso parallelo di Milano, però qui fa più freddo. Non d’estate, certo, e per l’inverno hanno comunque saputo correre ai ripari creando una città parallela, un’allegra catacomba attrezzata come un salotto – quella di Montreal è lunga 33 chilometri – con collegamenti fra uffici, ristoranti, alberghi, centri commerciali, un caldo rifugio sottoterra e sotto la neve. Invece di ciaspolare nella fanghiglia di Natale, passeggiano nel tepore, ma sempre pronti a mettere il naso fuori, per avvelenarsi i polmoni e dare un tiro a una sigaretta: negli uffici e nei locali pubblici non si può fumare e bisogna stare ad almeno 9 metri dagli ingressi dei palazzi per fare un pieno di nicotina e catrame. Chi non rispetta la distanza si becca una multa. Salata.
Come la carne del “peameal”, che a Toronto adorano e sbocconcellano per uno spuntino di metà mattina sottoforma di un gigantesco e soffice panino, imbottito di spesse e saporite fette di maiale. Lo condiscono con mostarda, pomodoro, cipolla, qualcuno ci aggiunge perfino un uovo fritto, e comunque si può chiedere di tutto mentre lo farciscono al banco di Paddington’s o al Carousel Bakery, all’interno del mercato di Saint Lawrence, una delle grandi attrazioni della città. Un luogo festoso, per entusiasmanti gimcane gastronomiche fra delizie e semplicità, con suonatori di violino che strapazzano di simpatia i bambini e li fanno ballare insieme alle mamme. Senza fronzoli, si bada all’essenziale.
E’ un modo di intendere la vita, le relazioni sociali, perfino i rapporti affettivi: niente orpelli, qui il bizantinismo non è mai arrivato. I canadesi non pensano di esser parte di una civiltà superiore, come capita ad altri, semmai sentono la responsabilità di darsi regole precise, anche severe, e di rispettarle, tutti insieme, per l’interesse comune. Ecco perché le strade sono pulite, le biciclette noleggiate vengono restituite e non abbandonate, le auto si fermano davanti alle strisce per far attraversare i pedoni. Un vivere civile che accomuna bianchi, neri e gialli, facce candide di lentiggini e rosse di capelli, in un’armonia che stupisce, non soltanto perché c’è, ma per come è naturale.
E’ la storia di questa parte di mondo. Nella lingua dei nativi, gli Uroni, Toronto significa “luogo di incontro”, e infatti in città si parlano 140 lingue diverse e il 50 per cento della popolazione non è nato in Canada: a Kensington Market, quartiere cosmopolita, si incontra il mondo, tra negozi eccentrici e ristoranti etnici. Montreal è uno stravagante cocktail di cultura americana ed europea, dove spesso sembra proprio la vecchia Francia ad avere la meglio su tutto il resto. Dopo Parigi è la città francofona più grande del mondo, ma anche qui è un bel miscuglio di popoli arrivati da ovunque, e alla fine sedotti proprio dal mix variopinto di culture lontane che si lasciano volentieri contaminare. Sarà forse perché avevano previsto tutto questo che francesi e inglesi, gelosi difensori delle proprie origini, hanno combattuto per conquistare questa parte di mondo, prima per la terra, poi perfino per la supremazia di una lingua sull’altra: alla fine, però, si sono accorti che a tutti sarebbe convenuto trovare un’intesa. Il bilinguismo è in fondo la prova che la permeabilità di una cultura – ma sempre e soltanto se tutti rispettano tutti – è il modo migliore per stare al mondo. Perché non avere recinti e steccati ideali consente pure di sperimentare strade mai percorse, che possono anche rivelarsi giuste. Non sappiamo se quello che stanno tentando a Montreal sarà una buona cosa oppure no, ma l’innovazione che medici e musei hanno lanciato sembra interessante. Médecins francophones du Canada e il Museo di Belle Arti hanno avviato una collaborazione grazie alla quale l’arte diventa vera e propria terapia, un coadiuvante nella cura di depressione, esaurimenti nervosi ma anche di molte patologie che possono avere un’origine o un coinvolgimento psicologico, dalle gastriti ai disturbi cardiaci. E dunque, presentando la prescrizione medica alla biglietteria del Montreal Museum of Fine Arts, si entra gratis. Non è che la visione di quadri, sculture o installazioni riesca da sola a guarire, ma può dare un significativo contributo.
Suggestioni artistiche e musei sono numerosi nelle due metropoli canadesi. Toronto vanta il Royal Ontario Museum, 6 milioni di oggetti, 40 gallerie di paleontologia, archeologia, zoologia, la grotta dei pipistrelli, gli scheletri dei dinosauri, capitanati da Gordo il barosauro, e poi le emozionanti strutture esterne in cristallo e acciaio, la Crystal, come viene chiamata, oggetto di polemica fra chi la sostiene e chi la considera quasi uno scempio. Colpisce e, personalmente, mi piace molto. Altro museo importante è l’Ago, Art Gallery of Ontario: sculture di Henry Moore, Impressionisti, Andy Warhol, dentro un’emozionante struttura rimodellata da Frank Gehry, archistar e autore di quella che è stata definita una “gioiosa danza tra il vecchio e il nuovo”. A Montreal emoziona il McCord, dove si ricostruisce la storia del Canada e dei suoi primi abitanti, impegnati in una perenne lotta con i ghiacci: sono esposti gioielli, ornamenti, amuleti in osso degli Inuit, popolo artico, inventori del parka, un giaccone con cappuccio che tanto successo ha avuto da noi. A Montreal, poi, è nato il “Cirque du soleil”, creazione di un ex mangiafuoco e giocoliere, Guy Lalibertè, nominato nel 2001 “Grande figlio di Montreal”, il riconoscimento più alto per un abitante della città. Qui c’è la sua Accademia.
Il Canada è al top fra i paesi con la migliore qualità della vita – l’Italia si piazza al posto numero 22 – Toronto, fra le città, è in settima posizione ma c’è pure chi sostiene – vedere su facebook “Mtllaplusheureuse” – che sia Montreal la città più felice al mondo. Gemelle diverse, dicevamo. Toronto è più americanizzata ma entrambe sono rilassate, sanno vivere senza fretta e godere dei loro piaceri. Al “peameal” del mercato Saint Lawrence, Montreal risponde con la carne affumicata di Schwartz’s, i bagel di Fairmount, che un astronauta canadese ha voluto portare nello Shuttle, e con la poutine, piatto tradizionale del Quebec, patate fritte condite con sugo di carne e formaggio. Per smaltirlo, basta una bella passeggiata fino alla Basilica di Notre Dame, place d’Armes, cuore della città vecchia, monumento che da solo varrebbe il viaggio. Uno splendore neogotico che la facciata non annuncia, ma che entrando si svela in tutta la sua straordinaria bellezza. Il cupo rigore di uno stile austero è frantumato da sfolgoranti vetrate istoriate: visti dall’interno, rosoni e bifore si illuminano di squarci di luce azzurra, gialla, toni profondi e delicati, un silenzioso e potente concerto di colori sui quali si stagliano profili di santi, statue in legno, sculture dorate, fra guglie che saettano verso la volta di un immenso cielo blu notte, un bellissimo soffitto stellato. Un inno alla fede e alle meraviglie della natura, quasi un’ode al mondo felice del Canada.